L’assegno di mantenimento deve garantire stesso tenore di vita?

Se in passato, dopo il divorzio, il coniuge economicamente più debole vedeva garantito lo stesso tenore di vita, da oggi la legge è cambiata e il mantenimento di un certo standard economico non è più l’unica discriminante per quantificare l’assegno di mantenimento.
Nuove regole per l’assegno di mantenimento
In sostanza, è stata dichiarata erronea l’interpretazione che alla norma stessa aveva dato il Tribunale di Firenze, interpretazione con la quale si sosteneva la necessità di garantire uno stesso tenore di vita all’ex coniuge.
La Consulta ha chiarito che l’importo dell’assegno di mantenimento va valutato caso per caso, tenendo conto anche di altri fattori essenziali come:
- le variazioni di reddito successive della parte economicamente più forte
- il contributo personale ed economico di ciascun coniuge
- la durata del matrimonio
- le ragioni che hanno portato le parti al divorzio.
Come spiegano i Giudici, “tali criteri agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerata in astratto, e possono valere anche ad azzerarla”. Senza contare che la Costituzione stabilisce di tener conto di criteri di ragionevolezza e solidarietà.
La decisione, infatti, riguarda moltissime persone, in primis i padri separati che in Italia sono più di 4 milioni. Di questi, 800mila vivono sotto la soglia di povertà, proprio perché, oltre che a provvedere al mantenimento dei figli, devono anche occuparsi del sostentamento dell’ex coniuge con cifre che spesso non sono in grado di sostenere. La media dell’assegno versato è di poco meno di 500 euro, anche là dove ci siano stipendi che non arrivano al doppio della cifra. Il pronunciamento della Consulta vale anche per le ex mogli che devono mantenere l’ex marito.
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