Cos’è e quando deve essere usata la decertificazione?

Hai ritirato un certificato in cui c’è scritto che non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi? Scopri qual è il significato di questa dicitura sulla base del concetto di decertificazione.
INDICE:
Cosa si intende per decertificazione?
Il 1 gennaio 2012 sono entrate in vigore le modifiche alla disciplina dei certificati e delle dichiarazioni sostitutive contenuta nel “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa” (dPR 28 dicembre 2000 n. 445, modificato dall’art. 15 della legge n.183 del 2011). Queste norme si pongono come obiettivo la totale decertificazione del rapporto tra Pubblica amministrazione e i cittadini.
In particolare, con l’autocertificazione il cittadino dichiara sotto la propria responsabilità stati, fatti e qualità documentabili e certificabili dalla Pubblica amministrazione. L’autocertificazione, pertanto, sostituisce del tutto i certificati.
Inoltre, con la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà possono essere attestate anche altre situazioni e fatti a conoscenza dell’interessato. D’altra parte, non possono essere sostituiti da questa dichiarazione i certificati medici, sanitari, veterinari, di conformità CE, di marchi e di brevetti.
Cosa cambia con la decertificazione?
La Direttiva del Ministro per la Pubblica amministrazione e la Semplificazione del 22 dicembre 2011 spiega le principali novità per le amministrazioni pubbliche. Vediamo quali sono le novità in tal senso in vigore a partire dal 1 gennaio 2012.
Validità delle certificazioni della Pubblica amministrazione
Le certificazioni rilasciate dalle Pubblica amministrazioni su stati, qualità personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati. Nei rapporti con la Pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi, tali certificati sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive di certificazione o dell’atto di notorietà. Di conseguenza, dal 1° gennaio 2012 le amministrazioni e i gestori di pubblici servizi non possono più accettarli né richiederli.
In tutti i casi di utilizzo dei documenti tra privati, si possono richiedere i certificati originali anche online sul sito di VisureItalia. Si tratta di certificati rilasciati dagli enti della Pubblica amministrazione a persone e imprese che hanno valore legale. La loro durata è di 6 mesi dall’emissione e, in alcuni casi, sono soggetti all’apposizione di marche da bollo o diritti di segreteria. È inoltre possibile richiedere la traduzione legalizzata e la apposizione della apostilla per conferire validità legale all’estero.
Nel dettaglio, gli enti che rilasciano i certificati della PA in Italia sono i seguenti:
- Agenzia delle Entrate,
- Camera di Commercio,
- Catasto,
- Tribunale, Ufficio del Casellario Giudiziale,
- Ufficio Anagrafe e Stato Civile del Comune,
- Ufficio di Pubblicità Immobiliare.
Che significa che un certificato non può essere prodotto?
Affinché siano validi, nei certificati deve essere riportata la dicitura: “il presente certificato non può essere prodotto agli organi della Pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi”. Inoltre, le amministrazioni devono adottare le misure organizzative finalizzate ad evitare che siano prodotte delle certificazioni nulle. Il rilascio di certificati privi della dicitura di cui sopra, infatti, costituisce una violazione dei doveri d’ufficio.
Come avviene la gestione della trasmissione dei dati?
Le amministrazioni devono individuare un ufficio responsabile per le attività volte a gestire la trasmissione dei dati o l’accesso agli stessi da parte delle amministrazioni. Tale adempimento è indispensabile anche per consentire dei controlli delle dichiarazioni sostitutive (art. 71 del Testo Unico in materia di documentazione amministrativa).
Inoltre, sempre le amministrazioni devono individuare e rendere note, attraverso il proprio sito istituzionale, le misure organizzative adottate per l’acquisizione dei dati e l’effettuazione dei controlli. La mancata risposta alla richiesta di controllo entro 30 giorni si considera, infatti, come una violazione dei doveri d’ufficio. Oltre a ciò, viene presa in considerazione ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei responsabili dell’omissione. Le pubbliche amministrazioni, infine, possono acquisire senza oneri le informazioni necessarie per effettuare i controlli sulla veridicità delle dichiarazioni e per l’acquisizione d’ufficio delle stesse.
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