Concordato preventivo: cosa significa?

Concordato preventivo: cosa significa?

Per verificare nel dettaglio le procedure in corso a carico di società di persone o di capitali è possibile richiedere un documento ufficiale elaborato dalla Camera di Commercio di competenza, ovvero il servizio fallimenti e procedure concorsuali. In questa visura viene rilevato quindi se la società ispezionata è sottoposta alla procedura di concordato preventivo. Quest’ultimo consiste consiste in un accordo fra debitore e creditori circa le modalità con le quali dovranno essere estinte tutte le obbligazioni. Dovrà essere approvato dalla maggioranza dei creditori e convalidato dal Tribunale. Vediamo nel concreto in cosa consiste.

Presupposti del concordato preventivo

I presupposti per l’ammissione alla procedura del concordato preventivo sono esposti articolo 160 Legge fallimentare. Tale disposizione evidenzia che la richiesta di concordato preventivo può provenire da un imprenditore commerciale in stato di crisi e che ha superato almeno uno dei tre parametri previsti dall’art. 1 l.f.. Non è necessaria la totale insolvenza dell’imprenditore, ma è sufficiente una situazione di dissesto temporaneo tale da mettere in difficoltà l’impresa nel soddisfare i suoi creditori. Si tratta quindi di una situazione economica negativa che potrebbe portare all’insolvenza, ma che non può però coincidere con lo stesso fatto.

Lo stato di insolvenza comprende anche il concetto di stato di crisi, ma non vale il contrario (ultimo comma dell’art. 160). La crisi è una situazione che ancora deve essere sanata e nella quale non vi è la totale insolvenza dell’imprenditore. Sussiste piuttosto un potenziale rischio e per questo non vi potrà essere una automatica dichiarazione di fallimento.

Il piano per uscire dalla crisi

Passiamo adesso all’elemento essenziale per poter proporre un concordato preventivo, ovvero il piano per uscire dalla crisi debitamente documentato. Dalla lettura dell’art. 160 l.f. emerge che il contenuto del piano non è imperativo. Vengono infatti usate le parole “un piano che può prevedere” e questo lascia intendere che il debitore possa proporre un qualsiasi piano, purché salvaguardi la posizione dei creditori.

Troviamo inoltre delle indicazioni sul contenuto dell’eventuale del piano:

a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma […];
b) l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore[…];
c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei;
d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.

Il debitore deve quindi rispettare precisi limiti in merito alla soddisfazione dei creditori privilegiati. Nella domanda di concordato è possibile infatti stabilire che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non siano soddisfatti integralmente a patto che il piano ne preveda “la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d)”.

La proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il 20% dell’ammontare dei crediti chirografari, eccetto il caso di concordato con continuità aziendale previsto dall’art. 186-bis l.f..

La domanda di concordo preventivo

La domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo è disciplinata dall’art. 161 Legge Fallimentare, sia per quanto riguarda il contenuto che il modo della sua proposizione.
Tale disposizione è stata da ultimo modificata dal D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132. La domanda si propone con ricorso, sottoscritto dal debitore, al Tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale.
La domanda di concordato dovrà essere comunicata al pubblico ministero e poi pubblicata, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria.

I documenti da presentare con la domanda di concordo preventivo

Con la domanda di concordato devono essere allegati una serie di importanti documenti:

a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa;
b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
c) l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;
e) un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta”.

È compresa inoltre una relazione di un professionista, designato dal debitore, in possesso di specifici requisiti, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano presentato dal debitore. Il deposito di un’analoga relazione è previsto anche nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano.

Per quanto riguarda invece il deposito delle scritture contabili, questo non è imposto da nessuna prescrizione normativa e quindi una loro omissione non potrebbe comportare alcuna declaratoria di inammissibilità. Tuttavia, in base a quanto stabilito dall’art. 170 l.f., si ritiene debbano essere depositati.

Per quanto riguarda i termini per lo svolgimento delle attività, gli obblighi informativi dell’imprenditore nei confronti del Tribunale e tutta una serie di aspetti legati alla presentazione della domanda di concordato, vi invitiamo alla lettura dell’art. 161 l.f..

La decisione del Tribunale

La proposta viene poi esaminata dal Tribunale che ne verifica l’ammissibilità, secondo le disposizioni degli artt. 162 e 163 l.f.. Il Tribunale può alternativamente ritenere che piano presentato:

  • non rispetti le condizioni di legge. Al debitore viene concesso un termine massimo di 15 giorni per integrare il piano o produrre nuovi documenti;
  • non ottemperi ai presupposti di legge e, sentito il debitore in camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo dichiara l’inammissibilità della proposta di concordato. In tali casi il Tribunale, su istanza del creditore o del pubblico ministero, può accertare l’esistenza dei presupposti di legge e dichiara il fallimento del debitore;
  • sia ammissibile e, con decreto non sottoposto a reclamo, dichiara aperta la procedura. Il decreto è pubblicato nelle stesse forme previste per la sentenza dichiarativa di fallimento ex art. 17 l.f..

In quest’ultimo caso, il decreto del Tribunale dovrà contenere:

  • la delega di un giudice alla procedura di concordato;
  • l’ordine alla convocazione dei creditori non oltre 30 giorni dalla data del provvedimento e il termine entro il quale lo stesso dovrà essere comunicato ai creditori;
  • la nomina il Commissario Giudiziale;
  • il termine non superiore a 15 giorni entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del Tribunale la somma pari al 50 % delle spese che si presumono necessarie per l’intera procedura, oppure la minore somma, non inferiore al 20 % di tali spese, che sia determinata dal giudice.

La decisione dei creditori

Entro 30 giorni dal provvedimento di ammissione del debitore al concordato preventivo deve tenersi l’adunanza dei creditori presieduta dal giudice delegato. All’udienza dedicata all’adunanza dei creditori si discute della proposta di concordato. Devono parteciparvi:

  • il commissario giudiziale
  • ogni creditore
  • il debitore o chi ne ha la legale rappresentanza deve intervenire personalmente.

La proposta è approvata con la maggioranza dei voti ammessi al voto. La maggioranza è calcolata sul valore dei crediti e non sul numero dei creditori. Qualora siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se tale maggioranza si verifica anche nel maggior numero di classi. In questo caso saranno quindi necessarie due maggioranze, quella dei crediti e quella delle classi di creditori. Le modalità di adesione (o di rifiuto) della proposta di concordato da parte dei creditori sono previste dall’art. 178 l.f., modificato dal d.l. 83\2012.

In caso di approvazione si procede all’omologazione, diversamente viene dichiarata dal tribunale inammissibilità della proposta.

L’omologazione

Quando il concordato è approvato dai creditori, il giudice delegato riferisce la decisione al Tribunale. Quest’ultimo fissa un’udienza in camera di consiglio, alla quale dovranno partecipare le parti e il commissario giudiziale. Almeno 10 giorni prima dell’udienza i partecipanti devono costituirsi e il commissario giudiziale deve invece depositare il proprio parere motivato. Nell’udienza dinanzi al tribunale possono configurarsi due diverse situazioni, in base a quanto disposto dall’art. 129 l.f..

Non viene proposta nessuna opposizione

In questo caso il Tribunale, dopo una verifica, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame. L’omologazione deve avvenire entro 6 mesi dalla presentazione della domanda di concordato. È consentita una sola proroga di 15 giorni.

Sono state proposte opposizioni

Se sono state proposte opposizioni, il Tribunale assume i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti di ufficio, anche delegando uno dei componenti del collegio. Provvede con decreto motivato pubblicato a norma dell’ex art. 17 l.f..

 

Sono un avvocato del Foro di Cagliari, specializzato in materia di diritto civile e, in particolare, in diritto di famiglia e minori, recupero del credito e risarcimento del danno. Da oltre 15 anni metto a disposizione dei Clienti le mie competenze specialistiche e attraverso SmartFocus voglio aiutare persone e le imprese a capire i problemi connessi con il recupero di un credito nei confronti di un debitore.

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